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Ciò che è certo in questa professione è che ogni rinnovo di contratto gli stati d’animo sono contrastanti. Delusioni e festeggiamenti coabitano la stessa professione ogni volta che si conclude l’accordo con ARAN.
Si è conclusa la trattativa per il rinnovo del Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro (CCNL) della Sanità pubblica per il triennio 2022-2024. Un traguardo atteso da migliaia di lavoratori, ma che lascia dietro di sé un’ombra di insoddisfazione, soprattutto tra gli infermieri, che vedono ancora una volta sfumare l’occasione di un vero riconoscimento professionale ed economico.
Nonostante gli sforzi, le lunghe negoziazioni, le proteste e la mancata firma, per molti infermieri questo rinnovo si traduce nell’ennesima delusione. Le aspettative erano alte: una valorizzazione concreta della professione, mai avvenuta in periodo COVID, un adeguamento salariale che riflettesse l’impegno e le responsabilità quotidiane, e un miglioramento delle condizioni di lavoro.
Purtroppo, il risultato finale sembra non aver colto minimamente queste esigenze. Molti infermieri esprimono un profondo senso di frustrazione, sottolineando come la specificità del loro ruolo, la complessità e il carico di lavoro, spesso estenuante, non siano stati adeguatamente riconosciuti.
Le promesse di un incremento che potesse fare la differenza, in un contesto di crescente inflazione e di continuo sacrificio personale, sembrano essersi tradotte in un aumento insufficiente a colmare il divario con le aspettative e con le realtà professionali di altri Paesi europei.
In effetti, qualora volessimo essere un po’ più spigolosi, bisognerebbe sottolineare che l’aumento non raggiunge nemmeno lontanamente l’erosione dello stipendio avvenuta a causa di una inflazione galoppante. A conti fatti, il rinnovo contrattuale ci ha comunque lasciati più poveri di prima. Lasciandoci con un potere d’acquisto sempre più basso.
Si avverte la sensazione che, ancora una volta, la categoria sia stata lasciata ai margini, perdendo un’occasione preziosa per una svolta significativa.
La conclusione del CCNL ha evidenziato una netta divisione all’interno del fronte sindacale. Da un lato, CGIL e UIL hanno espresso malumori e perplessità, sottolineando come l’accordo non risponda in maniera esaustiva alle richieste dei lavoratori e lasci irrisolte diverse questioni, in particolare per quanto riguarda la valorizzazione delle professioni sanitarie e le condizioni di lavoro.
La loro insoddisfazione riflette la percezione di un accordo che non va oltre le aspettative minime, mancando un’opportunità per un cambiamento più incisivo.
Dall’altro lato, Nursing Up, Nursind, FIALS e CISL hanno manifestato un plauso per l’accordo raggiunto. Nursing Up e Nursind, sindacati specifici degli infermieri, pur con le dovute riserve, sembrano aver riconosciuto nel contratto alcuni passi in avanti. Nursind, firmatario della prima proposta, ha sempre sostenuto la linea del concludere la trattativa e provare a chiedere maggiori risorse per la tornata successiva. Secondo Nursind le risorse economiche, già decise in finanziaria, non sarebbero mai aumentate e bloccare il rinnovo sarebbe stato un errore che avrebbe portato ad un ritardo sulla contrattazione successiva.
Nursing up invece, ha bloccato il contratto in prima tornata, avvenuta prima delle RSU (Elezioni Sindacali), per poi firmare la nuova proposta, affermando che l’accessibilità all’area di elevata qualificazione anche da parte di infermieri senza laurea magistrale, è stato l’ago della bilancia. In questo frangente, i malumori degli infermieri sono stati molteplici.
La CISL sempre d’accordo con la linea contrattuale proposta, invece, ha evidenziato l’importanza del rinnovo in un periodo complesso, sottolineando gli aspetti positivi dell’intesa raggiunta. CISL in RSU ha dimostrato tra l’altro di essere il sindacato maggiormente apprezzato dai professionisti sanitari.
I malumori comunque non si sono fatti attendere e la linea di pensiero del “porto a casa perlomeno le briciole” si è contrapposta alla linea “Meglio niente che l’elemosina”.
Certo è che l’insoddisfazione fa rumore e alcuni infermieri hanno manifestato la loro rabbia e delusione sui social. Sempre e solamente sui social network.
In data odierna è arrivato, alla nostra redazione, il seguente comunicato stampa che pubblichiamo nella sua interezza.
Secondo la ricerca Ipsos per Korian, cinque anni dopo la Pandemia, due terzi dei professionisti sanitari europei sente il proprio ruolo riconosciuto e valorizzato e il 57% consiglierebbe a un giovane di lavorare in questo settore.
Milano, 29 maggio 2025 – A cinque anni di distanza dalla Pandemia, due terzi del personale sanitario europeo (66%) ritiene che il proprio lavoro venga riconosciuto dalla comunità e valorizzato da famigliari, pazienti, famigliari dei pazienti, media e politica. Una percezione che, pur variando in base ad alcuni fattori – come professione, paese e target – mette in luce come il senso di soddisfazione personale resti il fattore chiave. Infatti, quasi 8 professionisti europei su 10 (79%) si sentono appagati dal loro attuale lavoro e la maggior parte di loro consiglierebbe a un giovane di entrare in questo settore.
Questi i principali dati della ricerca commissionata a Ipsos da Clariane – presente in Italia con il network della salute Korian – e rilasciata in occasione del 29 maggio, giornata nazionale che celebra il ruolo degli operatori socio-sanitari (OSS).
La ricerca ha l’obiettivo di fare luce su un tema di grande attualità come la considerazione verso il personale sanitario in quattro Paesi europei (Germania, Francia, Italia e Spagna). “Gli operatori sanitari sono il motore del nostro sistema di cura e la considerazione che la società ha nei loro confronti è un elemento essenziale per affrontare le sfide future – spiega il Presidente e CEO di Korian Italia, Federico Guidoni -.
Fiducia e rispetto sono valori chiave per garantire il pieno riconoscimento a chi, ogni giorno, svolge un ruolo essenziale per i pazienti. Ogni professionista è una persona al servizio di persone che, con il suo contributo quotidiano, non solo mette al centro il benessere del singolo, ma porta valore aggiunto all’intero sistema sanitario. Solo dando il giusto valore a tutte le figure sanitarie e con una percezione alta del loro impegno possiamo progredire e rispondere con responsabilità alle trasformazioni che, in un mondo in continua trasformazione, ci attendono sul piano sociale e sanitario”.
L’indagine di Ipsos, condotta tra gennaio e febbraio 2025, ha coinvolto oltre 1600 professionisti sanitari – tra cui infermieri, OSS, medici, professionisti paramedici e persone che svolgono altre professioni mediche/paramediche (terapie di supporto) – nei quattro Paesi europei più popolosi: Germania, Francia, Italia e Spagna. Di grande interesse i fattori che influenzano la percezione degli operatori europei circa il riconoscimento del proprio ruolo.
Anzitutto, quest’ultima varia in base alla professione e al Paese in cui opera il personale sanitario: nei quattro Paesi l’84% dei medici si sente considerato, mentre diversa è la percezione di paramedici e altri professionisti, con un 67% di loro che si ritiene considerato, così come degli infermieri (60%) e degli OSS (56%). Gli italiani sono i più numerosi a sentirsi considerati (73%), seguiti da tedeschi (69%), spagnoli (65%) e francesi (59%). Un altro fattore importante, che incide sul percepito del personale sanitario europeo, è il target, cioè chi riconosce il loro lavoro.
Gli operatori, infatti, ritengono che la loro professione sia ampiamente riconosciuta dai familiari più stretti (85%), dai pazienti (83%) e dai familiari di pazienti (78%), mentre la percentuale si abbassa quando si parla della considerazione manifestata dalla “società in generale” (59%), dai media (49%) e dai decisori politici (34%) dopo il picco d’attenzione durante il periodo del Covid.
L’andamento della considerazione negli anni e la soddisfazione professionale
Un altro dato interessante che emerge dalla ricerca Ipsos è che, negli ultimi cinque anni dopo la Pandemia, per circa la metà del personale sanitario europeo (49%) si sta verificando una diminuzione della considerazione nei confronti della propria professione: una percezione più marcata in Francia (58%) rispetto a Italia (47%), Spagna (46%) e Germania (44%).
Tra i fattori che, secondo gli operatori, potrebbero migliorare la considerazione ci sono la sensibilizzazione dell’opinione pubblica sulle difficoltà che essi incontrano nella gestione della vita quotidiana, interventi nelle scuole dedicati ai più giovani, corsi di formazione regolari per migliorare il rapporto con i pazienti e giornate aperte nelle strutture sanitarie.
Sebbene i professionisti europei ritengano la considerazione verso il proprio lavoro in diminuzione, resta elevata la soddisfazione professionale: infatti, 4 operatori sanitari su 5 si dichiarano soddisfatti.
Ad avere questa opinione sono per l’86% medici, per l’81% paramedici e altri professionisti, seguiti da un 75% di OSS e da un 74% di infermieri, e, in particolare, il 79% dei professionisti italiani. Alla luce di questa marcata soddisfazione, il 57% del personale sanitario in Europa consiglierebbe a un giovane di intraprendere la propria professione.
Domani 29 Aprile 2025, ricomincia la contrattazione per il rinnovo del CCNL sanità. La prima contrattazione del contratto 2022-2024 aveva ricevuto una battuta di arresto quando aveva incassato il no dei sindacati CGIL, UIL e Nursing Up.
Nel frattempo le elezioni RSU hanno mostrato la situazione attuale della rappresentatività sindacale.
Un risultato che ha dato forza a sindacati come CGIL, che in linea generale si dimostra uno dei più rappresentativi sui vari comparti, sebbene CISL si attesti ancora come prima per rappresentanza in sanità. Da evidenziare comunque la buona crescita di altri sindacati di categoria e non, quali Nursing Up, FIALS e UIL.
Antonio Naddeo, in un suo intervento al congresso Nazionale FNOPI, ha evidenziato come, col beneplacito dei sindacati, si potrebbe chiudere la contrattazione già a Maggio. Questo porterebbe a vedere gli aumenti in busta paga già in Ottobre.
Ciò che è certo è che le risorse stanziate restano tali e il governo nel corso delle ultime settimane non ha mai parlato di eventuali aumenti straordinari.
Resta solo il nodo delle migliorie e modifiche non economiche che potrebbero apportare più diritti o maggiori tutele ai professionisti.
I lavoratori che necessitano di questi aumenti, almeno per fronteggiare il carovita incrementato dall’inflazione degli ultimi anni, attendono adesso la risoluzione di questa matassa. Una situazione che necessiterebbe di abili diplomatici per essere risolta.
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Le Rappresentanze Sindacali Unitarie (RSU) svolgono un ruolo fondamentale nella tutela dei diritti e degli interessi dei lavoratori del settore sanitario pubblico. Le elezioni per il rinnovo delle RSU rappresentano, quindi, un momento cruciale per la vita democratica dei luoghi di lavoro.
Calendario delle procedure elettorali
Le prossime scadenze nelle procedure elettorali sono le seguenti:
14 marzo 2025: termine per la presentazione delle liste elettorali.
17 marzo 2025: termine finale per la costituzione della Commissione elettorale.
3 aprile 2025: affissione delle liste elettorali da parte della Commissione.
14-15-16 aprile 2025: votazioni.
17 aprile 2025: scrutinio.
17-24 aprile 2025: affissione dei risultati elettorali da parte della Commissione.
28 aprile – 6 maggio 2025: invio del verbale elettorale finale all’ARAN da parte delle amministrazioni.
Importanza delle RSU
Le RSU sono organismi di rappresentanza dei lavoratori all’interno dei luoghi di lavoro. Esse hanno il compito di:
Negoziare con la direzione aziendale su questioni come orari di lavoro, turni, condizioni di lavoro e sicurezza.
Vigilare sull’applicazione dei contratti collettivi e delle leggi sul lavoro.
Promuovere iniziative per la tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori.
Rappresentare i lavoratori nelle controversie individuali e collettive.
La partecipazione attiva alle elezioni RSU è fondamentale per garantire che i lavoratori siano adeguatamente rappresentati e tutelati.
Al fine di essere rappresentati al meglio e di dimensionare in modo equo la rappresentanza sindacale è necessario che tutti partecipino alle elezioni in arrivo ad aprile. Per tal motivo, mantenendomi del tutto indipendente, raccomando a tutti i colleghi di presentarsi alle elezioni e votare il proprio rappresentante.
Questa settimana il mondo infermieristico è stato scosso dalla notizia che non tutti si aspettavano: CGIL, UIL e Nursing Up non hanno firmato il contratto negoziato con ARAN (Agenzia che si occupa dei contratti nazionali per conto dello Stato) nell’ultimo anno.
Dopo questa notizia gli animi si sono scaldati e le interviste pubblicate, su quotidiani nazionali e giornali specializzati, sono state decine.
Interessante, nella confusione generalizzata, è stata l’affermazione del Ministro Paolo Zangrillo, che sembrerebbe non escludere la possibilità che la scelta di non firmare sia stata politicizzata.
I fatti
Il 14 Gennaio 2024, dopo più di un anno di trattativa, i sindacati rappresentativi si sono riuniti per concludere la negoziazione del contratto del comparto Sanità 2022-2024, che riguardava oltre 550 mila operatori sanitari (inclusi Infermieri). Nursing Up, CGIL e UIL hanno detto no. Tanto è stato necessario per far saltare l’accordo, non avendo raggiunto la rappresentanza sindacale. Favorevoli invece all’accordo sono stati i sindacati Nursind, Cisl, Fials.
Le reazioni degli esponenti sindacali e della poltica
Le reazioni degli esponenti sindacali non si sono fatte attendere. Il Nursind per primo ha rilasciato un comunicato dove parlava di “un’occasione persa” e di controparte il Nursing Up ha parlato di “Contratto Inadeguato”. CISL ha parlato di “decisione grave” il mancato rinnovo contrattuale a causa della firma mancata dei tre sindacati prima citati. CGIL invece ha parlato di “mancanza di valorizzazione economica”.
Il web, come d’altronde anche i sindacati stessi, si è diviso a metà. Molti hanno interpretato la mancata firma come presa di posizione contro Governo e stanziamenti insufficienti per il rinnovo contrattuale. Questa visione si è dimostrata lungimirante, perché molti hanno messo da parte la possibilità di mettersi in tasca gli spiccioli promessi (perché comunque si parlava di spiccioli, ammettiamolo!) in virtù di una presa di posizione più decisa. D’altro canto alcuni considerano che le risorse stanziate non potranno in alcun modo aumentare, di conseguenza non aver firmato dimostra poca maturità da parte di chi si è opposto.
Conclusioni
Non è il momento di parteggiare per l’una o l’altra parte, il tempo determinerà chi avrà avuto ragione. Nel frattempo, gli Infermieri si vedono bloccare il contratto 2022-2024 e con esso anche la possibilità di quei pochi spiccioli di aumento. Inoltre, con questo stop si è ritardato l’inizio della contrattazione del CCNL 2025-2027, per cui i fondi sembrerebbero essere già stanziati.
Gli Infermieri, con spirito si sacrificio, portano avanti una sanità sempre più in crisi. Nessun rinnovo contrattuale ha mai dato la risposta alle necessità crescenti dei professionisti. Questo accordo saltato potrebbe rivelarsi un segnale deciso nei confronti dell’attuale amministrazione.
L’assistente infermiere ha diviso ancora una volta la professione infermieristica. Una nuova occasione per creare schieramenti interni in questa categoria che giustamente si ritrova a discutere e dividersi in differenti linee di pensiero. Una dinamica viva e presente in uno stato democratico, che non può essere eliminata o soffocata, ma incoraggiata e rispettata.
Sappiamo che la professione è ormai una fiamma costante, che trae il proprio carburante da ognuna di queste news, talvolte false o ingigantite e talvolta vere. Certo è che il malcontento degli infermieri difficilmente poi si ritrova nelle piazze, ma solitamente abita gli spazi privati o pubblici dei social network oltre che diffondersi tramite il chiacchericcio nelle corsie degli ospedali.
Come per ogni articolo su questo blog, ho evitato di pubblicare messaggi frettolosi e sensazionalisti col solo scopo di fare likes e visualizzazioni. Per questo motivo, atteso il tempo necessario, ho deciso di dedicarmi alla stesura di questo articolo.
Storia dell’Assistente Infermiere
Inizio ad analizzare questa nuova professione, partendo dallo smentire il concetto di “appena nata”. Il Nursing Assistant, o Assistente Infermiere, nasce in realtà nei primi anni del novecento nel mondo anglosassone per rispondere alla necessità crescente di mansioni infermieristiche non specializzate e di base, in concomitanza dei conflitti maggiori. Sebbene non sempre istituzionalizzato da una norma, l’Assistente Infermiere è stato a più riprese evoluto, aggiornato o promosso in molte nazioni avanzate e innovative in materia di sanità. Nazioni tra cui non è inclusa la bell’Italia.
In Italia se ne discute a più riprese nel corso degli anni, ma in realtà viene sempre marginalizzato da quell’arcobaleno di professioni di supporto all’assistenza quali OSS, OTA, ASA, OSS-S etc etc. Tale situazione fu in parte riordinata con il convogliamento (o eliminazione) di tutte le professioni nella figura dell’OSS e con il successivo Accordo Stato Regioni che con il DI 12 novembre 2001, 402, convertito, con modificazioni, dalla legge 8 gennaio 2001 diede vita alla figura dell’OSS con formazione complementare (anche detto “OSSS” o “OSS con la terza S”).
L’avventura dell’OSS specializzato, o con formazione complementare, fu pressoché un disastro. Gli infermieri non riconobbero questa professionalità e le aziende, sebbene formarono questi professionisti, non riuscirono mai a svilupparne il pieno potenziale. Molti OSS acquistarono i corsi con proprio denaro, ma furono amaramente compensati. Anche in quell’occasione molti posero il problema dell’incremento delle responsabilità senza aumento salariale.
Dopo più di vent’anni da questa norma, alcune regioni provarono a dare nuovamente vita a questa figura, data l’estrema richiesta del privato convenzionato, sopratutto nei campi socio-assistenziali e residenziali. Gli stessi enti pubblici a tutela della professione si opposero ad alcune “liberalizzazioni”.
Il cambio di rotta avvenne a ridosso con l’emergenza COVID. Molti richiesero una figura che fosse in grado di colmare un gap determinato dalla carenza di infermieri (nessuno si chiese però come realmente risolvere questo problema) e guardando oltre-manica si ritrovarono ad avere la risposta. Il governo di destra in carica dall’ottobre del 2022, instaurò un dialogo con le cariche della professione infermieristica e riuscì a portare a compimento una ulteriore modifica di questo mondo fatto di professioni ausiliari e subalterne.
Con gli Accordi Stato Regione Rep Atti N° 175/CSR del 3 Ottobre 2024 la Conferenza Stato-Regione ha decretato la nascita di questo profilo (documento allegato in questo articolo), oltre ad avere revisionato la figura dell’Operatore Socio Sanitario.
Gli ultimi mesi del 2024, sono dunque stati mesi caldi per sindacati, ordini e professionisti. Tra quest’ultimi, molti hanno parlato senza leggere nemmeno il documento appena approvato, cosa che ovviamente ha causato contestazioni infondate e leggerezze su cui forse si sarebbe dovuto fare più chiarezza.
Chi è l’assistente infermiere?
L’assistente infermiere è un operatore sanitario che, partendo dalla qualifica di OSS, ha seguito un percorso formativo aggiuntivo. Questa figura intermedia svolge un ruolo fondamentale nel team sanitario, collaborando attivamente con infermieri e medici.
Requisiti per diventare Assistente Infermiere
I requisiti per diventare Assistente Infermiere sono tutto sommato anche piuttosto stringenti. E’ richiesto:
Di essere in possesso del titolo di Operatore Socio Sanitario o equipollente;
Di essere in possesso di almeno 24 mesi di esperienza nel ruolo;
Di essere in possesso di diploma di secondo grado quinquennale o equipollente.
In alternativa e se in mancanza di diploma di secondo grado quinquennale è richiesto:
Almeno 5 anni di esperienza negli ultimi 8 anni
Modulo aggiuntivo di formazione di almeno 100 ore
Quali sono le principali attività dell’assistente infermiere?
Le attività dell’assistente infermiere sono molteplici e variano a seconda del contesto lavorativo. In generale, si possono individuare le seguenti mansioni:
Assistenza diretta al paziente: L’assistente infermiere fornisce assistenza ai pazienti nelle attività quotidiane, come l’igiene personale, l’alimentazione e la mobilizzazione.
Supporto alle attività infermieristiche: Collabora con gli infermieri nello svolgimento delle procedure assistenziali, come la somministrazione di farmaci per via orale o la raccolta di campioni biologici.
Attività di prevenzione e promozione della salute: Educa i pazienti e le loro famiglie sulle corrette pratiche igienico-sanitarie e promuove stili di vita sani.
Gestione amministrativa e organizzativa: Si occupa della gestione della documentazione sanitaria e partecipa all’organizzazione del lavoro all’interno della struttura.
Nello specifico, le competenze acquisite saranno:
Rilevazione di parametri vitali, segni e funzioni
Eseguire ECG
Rilevare parametri da puntura capillare
Utilizzare dispositivi POCT
Somministrare nutrizione enterale in caso di stabilizzazione clinica
Effettuare aspirazioni delle secrezioni oro-faringee, naso-faringee, anche in assistiti con tracheostomia stabilizzata
Effettuare cura e pulizia stomie
In caso di stabilità clinica, preparare e somministrare farmaci per via orale, oftalmica, vaginale, rettale, topica e tramite accessi enterali stabilizzati. Sotto la supervisione dell’infermiere per via intramuscolare e sottocutanea
Applicazione cannule nasali, maschere facciali per somministrazione ossigeno.
Quale sarà la Formazione dell’Assistente Infermiere?
La formazione di questa figura secondo me è un punto critico. Si richiede infatti 50 ore di formazione teorica in un lasso di tempo non inferiore ai 6 mesi e non superiore ai 12 mesi.
Si richiede almeno 1 ora di formazione in aggiornamento per ogni mese lavorato nell’anno in corso. Aggiornamento che viene richiesto nel triennio successivo a quello di raggiungimento del titolo.
I punti critici su cui bisognerebbe soffermarsi…
Nel corso di questo periodo ho ascoltato e letto i dibattiti che si sono innescati dopo la nascita di questa figura professionale. Molti quesiti sono stati sollevati e non posso che concordare sul fatto che alcuni di essi dovrebbero trovare una risposta nel breve periodo:
Saranno previsti degli aumenti salariali per chi intraprende questa formazione?
L’aumento di responsabilità concessa all’Assistente Infermiere espone l’infermiere che coordina il turno a rischi di natura civile e professionali?
Preso atto che le responsabilità penali siano soggettive, le responsabilità professionali saranno a carico del neo-professionista con conseguente estensione della Legge Gelli? oppure lo “scudo” sarà l’unico professionista sanitario in turno?
Esisterà un ente di controllo che monitorerà la conformità, la regolarità, la formazione e l’aggiornamento di questa nuova figura professionale?
Come reagiranno gli infermieri all’arrivo dei nuovi Assistenti Infermieri? Riconosceranno le nuove competenze acquisite o si comporteranno come avvenne con l’avvento dell’OSS-FC?
Conclusioni
La formazione di questa figura è un altro tentativo di sopperire ad una carenza cronica di infermieri. La professione è sempre meno attrattiva e creare figure ibride è il risultato di una programmazione poco attenta. Nel breve termine potrebbe (e il condizionale è d’obbligo) diventare una soluzione tampone molto valida. Il sistema antiquato e baronale della nostra sanità però non permetterà nel lungo termine di valorizzare tale figura. Situazione già vista, tra l’altro, con l’esperienza dell’OSS con formazione complementare. In quanto a trasparenza inoltre, troviamo l’aver messo a tacere la questione e la scarsità di dialogo, un tentativo di ridurre il dissenso nella professione. Un dissenso che si esprime ormai nel più totale disinteresse alla realtà politica. Come in ogni articolo, lasciamo spazio per successivi aggiornamenti, sperando di ricevere risposte nel tempo, alle domande che sin dall’immediato sono state sollevate.
FNOPI da l’annuncio in pompa magna pubblicando su tutti i canali social: Nascono tre nuove lauree magistrali in infermieristica
Parliamo di tre aree di specializzazione infermieristiche: Cure Primarie e Sanità pubblica, Cure Pediatriche e Neonatali e Cure Intensive e nell’Emergenza.
“Stiamo lavorando a un progetto complessivo che guarda al futuro della sanità italiana e al ruolo cruciale che gli infermieri ricoprono oggi e che svolgeranno nell’assistenza sul territori. La vostra professionalità e il vostro contributo sono insostituibili per garantire qualità alla sanità pubblica. Grazie a voi, il nostro servizio sanitario potrà affrontare con maggiore forza e preparazione le sfide future, rispondendo in modo efficace alle esigenze dei cittadini”.
Ministro della Salute Orazio Schillaci
Questa novità apre la strada alla prescrizione Infermieristica. Prescrizione che ovviamente fa riferimento ai presidi e tecnologie, relativi alla specialità scelta. Attività che finora e tutt’ora è in capo ai soli medici, sebbene i presidi siano utilizzati e interdipendenti alle attività infermieristiche. I malumori dei medici, come prevedibile, sembrano già essere esplosi come scritto dal Sole 24 Ore nella giornata di oggi.
Si sono fatti sentire anche i professionisti infermieri che sebbene abbiano appreso la notizia con interesse, hanno subito dimostrato estrema diffidenza.
Una diffidenza che deriva da anni di proclami che però hanno peggiorato o condizionato in modo negativo la loro esistenza e professionalità. Tra le critiche sollevate, la più frequente è stata quella che pone il serio dubbio sulla necessità di riconoscere economicamente e contrattualmente le lauree magistrali. Cosa mai avvenuta finora.
Apprendiamo con interesse le novità apportate al presente ordinamento, ben sperando che il cambiamento possa portare uno scossone a questo immobilismo che ci attanaglia da trent’anni. Speriamo inoltre che i dubbi giustamente espressi dai colleghi possano trovare risposte concrete.
L’Italia può vantare un altro triste primato: La terra della pizza e del mandolino è l’unica nazione europea in cui l’infermieristica, invece che crescere, si sta annichilendo. In questo articolo andremo ad analizzare le problematiche esistenti. Analisi che è stata già svolta su questo blog, nei mesi o negli anni precedenti, ma che ovviamente necessita di una telecronaca di quanto è stato o non è stato fatto.
Analisi e Segni evidenti di questa crisi
Tutti infermieri, ma molto diversi…
La crisi dell’infermieristica non è materia nuova sul panorama professionale. Il problema in realtà nasce circa 25 anni fa, quando l’Infermiere ha iniziato a prendere la strada del professionista sanitario laureato ed autonomo. Le radici del problema nascono con il D.M. 14 settembre 1994, n. 739 con cui si sancisce la nascita del Profilo Professionale dell’Infermiere, successivamente con la Legge 26 febbraio 1999, n. 42 con cui viene abrogazione il Mansionario e viene sostituita la dicitura professione sanitaria ausiliaria con la sola professione sanitaria, ed in seguito il Decreto interministeriale 2 Aprile 2001 dove il diploma, diviene Laurea in Infermieristica. Sia chiaro, il ruolo di queste norme è stato fondamentale per l’evoluzione della nostra figura professionale, ma al contempo ha destabilizzato le fondamenta di un sistema retto su alcuni princìpi che erano li da oltre mezzo secolo.
D’un tratto (nel corso dei 20 anni successivi), ci si è ritrovati in corsia infermieri laureati ed infermieri diplomati. Si è vissuto dunque in una dicotomia, i primi nati (professionalmente, si intende!) con il mansionario e la convinzione di essere ancora una professione ausiliaria, gli altri nati sotto la bandiera della professione autonoma e indipendente. Gli ospedali, non sono cambiati subito. Gli infermieri con la necessità di sentirsi ausiliari erano ancora numerosi. Ma nel corso del ventennio successivo le mutazioni sono a poco a poco arrivate.
Ciò che è accaduto, qui in Italia, però è qualcosa di peculiare: Le catene, ormai spezzate, che imprigionavano la professione infermieristica alla status di mera professione ausiliaria, sono diventate mura di una fortezza costruita dalla compagine medica per difendere il loro operato sotto la bandiera dell’”Atto Medico”.
L’infermiere ormai libero di poter agire responsabilmente e professionalmente ed in totale autonomia, al di fuori della sua prigione ha trovato una landa desolata e priva di vita. L’orto rigoglioso e le verdi praterie risiedevano tutte nella cittadella, fortificata da enormi bastioni, del cosiddetto “Atto Medico”.
A soluzione di tutto ciò, nulla fu fatto; forse colpa di una classe dirigente infermieristica priva di capacità, oppure a causa di una infiltrazione nel tessuto politico nazionale da parte della classe medica, l’Infermiere rimase e rimane in questa situazione per oltre 25 anni: Tecnicamente liberi ed autonomi, praticamente con le stesse mansioni di 30 anni fa.
Questo ristagno d’acqua imputridisce e intacca le nuove fondamenta di questa professione, per oltre un ventennio. La professione non è appetibile. La libera professione fa fatica a partire. I contratti nazionali, sopratutto quelli privati, pagano un infermiere a compensi orari degni di una donna delle pulizie (con profondo e degno rispetto per questa categoria).
Ma tutti, sindacati inclusi, ad ogni rinnovo stappavano bottiglie e festeggiavano il miglior risultato raggiungibile. Festeggiamenti che però avevano un cuore amaro di insoddisfazione degli iscritti.
Le contrattazioni nazionali ormai da qualche anno, non pensano più alle risorse da investire sul personale (quelle sono già decise con le finanziarie degli anni prima), ma discutono per lo più di piccole modifiche che risultano poi nel complesso, irrilevanti per la vita del dipendente.
Le risorse economiche vengono ridistribuite. Ogni triennio rimuovono una voce e ne aggiungono una corrispettiva allo stesso ammontare con un nome diverso. La coperta è corta; e ormai tutti lo sanno.
Per Legge del 12 giugno 1990, n. 146, modificata dalla legge 11 aprile 2000, n. 83, gli infermieri non possono scioperare. Per essere però più precisi, esiste la possibilità da parte delle aziende di precettare il dipendente se fa parte del contingente minimo e svolge un ruolo nei servizi pubblici essenziali. Tradotto: Gli infermieri non potranno mai scioperare. Sono veramente pochi coloro che negli ambiti ambulatoriali potranno alzare la voce, causando comunque piccole defaillance di un sistema che già di suo è nel totale caos. Dunque con un impatto del tutto trascurabile. In Italia non esiste reparto che non sia al minimo del contingente. E questo non è legato alla carenza di infermieri, quest’ultima ha solo portato il numero di infermieri al di sotto del numero minimo, bensì esso è legato ad una politica perpetuata negli ultimi decenni, di raggiungere un risparmio e e uno sfruttamento continuo delle risorse al fine di tagliare i costi fino a disossarli.
Nel corso degli anni, nonostante sia stato chiesto, nessun sindacato ha mai recepito la possibilità di richiedere una indennizzo per il diritto allo sciopero negato. Un danno economico, per le aziende, che nel suo complesso, potrebbe far prendere in considerazione le richieste avanzate dai lavoratori. “Irrealizzabile” molti hanno tuonato; con la stessa convinzione di un cane che scondinzola quando il padrone mostra il randello che lo ferirà.
Infine, bisogna considerare la richiesta (ormai quasi decennale) di una contrattazione separata dal comparto. Richiesta che talvolta, ha sollevato affermazioni anche dubbiose da parte dei nostri dirigenti, poco convinti e quasi divisi sulla questione. Il motivo per cui continuiamo a sguazzare nel calderone delle mille professioni. Non si dimenticano frasi del tipo “Pensiamo prima alle specializzazioni infermieristiche” oppure “Ragioniamo sul miglioramento dei percorsi universitari”. Ma perchè gli uni dovrebbero escludere gli altri?
Le promesse dei governi sono come una droga di cui non ci si stanca mai, e gli infermieri italiani godono ad ogni promessa che l’uno o l’altro politico sputa dai palchi e dai salotti televisivi. Su tutti i giornali e giornaletti infermieristici si riprendono le affermazioni dei vari personaggi televisivi utilizzandoli come testimonial di una necessità di migliorare la situazione. Ma è solo fumo negli occhi.
L’attuale esecutivo è l’esempio meraviglioso di come si può prendere per i fondelli la categoria infermieristica. Sin dalle elezioni arrivando alla loro instaurazione e ai primi anni di governo, i vari ministri hanno mostrato sempre un interessamento bieco nei confronti della professione. I proclami sono stati tanti. Tantissimi. I risultati invece molto scarsi. Più scarsi di tutti i governi precedenti. E la situazione andrà solo a peggiorare. La valorizzazione dell’infermiere urlato ai quattro angoli della nazione, sarà probabilmente un aumento di circa 50/60€ lordi mensili. Da far arrossire anche il più sprezzante dei mercanti.
Il calo delle iscrizioni…
I giovani italiani guardano all’infermiere come una professione da evitare. Molti non la definiscono nemmeno tale. Le università hanno messo in bando, con l’aiuto dei governi precedenti, molti più posti per coprire il gap del cambio generazionale di infermieri. Ma gli iscritti mancano.
Nel grafico (Fonte FNOPI) si nota il trend che sta mettendo in crisi l’intero sistema. Nel 2012 gli aspiranti infermieri erano oltre 44mila. Nel 2023 gli aspiranti infermieri sono stati oltre 23mila. Un calo drastico del 48%. I posti a disposizione sono passati da 16mila a 20mila, mentre il numero di laureati negli ultimi quattro anni è aumentato, dopo quasi un decennio di trend negativo.
Il problema però si nota. Sebbene il numero di laureati aumenti, il numero di interessati a laurearsi in infermieristica è praticamente dimezzato in poco più di dieci anni. Un trend che di questo passo porterà a non soddisfare nemmeno i posti messi a bando e infine a ridurre anche il numero di laureati. Una catastrofe preannunciata.
Assistente Infemiere
Mentre scrivo questo articolo, la Conferenza Stato-Regione approva l’istituzione dell’Assistente Infermiere. Vorrei provare ad analizzare questo fatto in altro articolo, ma non posso che citare alcuni highlights essenziali.
La creazione della figura dell’Assistente Infermiere è solo una strategia per mettere una pezza mal riuscita alla carenza cronica di infermieri all’interno delle case di riposo e residenze per anziani. Alcune di queste strutture sono gestite con l’unico scopo di generare profitti massimi. Avere pochi infermieri, che bisogna pagare ormai di più della nota, e già citata, donna delle pulizie è inconcepibile per queste persone. Con la semplice teoria del “Se gli infermieri non si fanno più sfruttare, allora creeremo un’altra figura che lo farà”
Sebbene tutto il mondo professionale si sia mosso a contrastare questa norma, ad esclusione di FNOPI, l’accordo è passato. Gli interessi economici di chi gestisce queste strutture (contrariamente da ciò che si pensa non sono solo medici) valgono di più delle prese di posizione delle nostre istituzioni infermieristiche e sindacali, uscite totalmente ignorate dalla situazione.
Bisogna considerare essenziale una teoria che ho da sempre portato avanti: Si può parlare di taskshifting solo quando non esisteranno più, in questa nazione, fenomeni di demansionamento. Quando gli infermieri saranno chiamati a fare solo ciò che loro compete, solo allora si potrà parlare di Taskshifting e figure ibride. Tutto il resto è mera speculazione sulla salute delle persone e puro sfruttamento e mortificazione professionale.
Non possiamo però considerare, come è ovvio che sia, le possibilità che in uno stato civile e professionalmente avanzato potrebbe portare l’istituzione di questa figura. La mia mancanza di fiducia purtroppo si lega all’immagine di questa Italia, fanalino di coda nelle culture europee.
Conclusioni…
Questa non è una vera e propria conclusione. Il problema è vasto ed in continua evoluzione. Sicuramente sarà necessario eseguire nuove analisi nel corso del tempo per aggiornare quanto finora detto.
Mi spiace aver ammassato molteplici motivazioni in un unico articolo. Certamente su alcuni punti ritornerò con analisi più puntuali.
Spero solo che un giorno possa scrivere che mi sbagliavo su tutto.
Inizio l’articolo scusandomi per il titolo un po’ acchiappalike. Ma il concetto è fondamentalmente questo: Più è insoddisfatto lo staff infermieristico che lavora per una unità operativa più aumenta il numero di morti in quest’ultima.
Ma entriamo nel merito del discorso.
Lo studio preso in esame…
Lo studio pubblicato sulla rivista Health Policy con autori Italiani, Canadesi, Cinesi e Statunitensi ha messo in evidenza come, in Italia, il livello di insoddisfazione degli operatori che dunque vogliono dimettersi (per cause quali l’essere a corto di personale o avere un carico lavorativo oltre le possibilità naturali) sono direttamente proporzionali all’incremento di morti in reparto.
Lo studio, condotto nel contesto del sistema sanitario italiano, ha interessato 15 ospedali italiani, oltre 1000 infermieri e oltre 37.000 pazienti. Il risultato è stato quanto finora detto.
La ricerca è consultabile al seguente link e mette in evidenza come un luogo di lavoro stressante o poco stimolante, sia causa di insoddisfazione degli infermieri e di un aumento della mortalità dei pazienti.
Un luogo di lavoro stressante, dovuto a mancanza di personale o di contingente lavorativo, e un luogo dove non è concessa una progressione economica e di carriera, e dunque molto probabilmente con dinamiche antiquate, sono causa di staff poco invogliato a continuare; questo però va anche di pari passo ad un rischio maggiore per la sicurezza dei nostri pazienti, che si ritrovano con poche persone a prendersene cura, spesso molto stressante ed oberate di lavoro.
In modo dunque intrinseco e per transitività lo studio ha collegato l’insoddisfazione degli infermieri e la loro necessità di cambiare lavoro ad un aumento di mortalità dei pazienti.
Gli autori dello studio hanno così trovato che un aumento del 10% di infermieri che vogliono dimettersi aumenta del 14% la mortalità di quel reparto. Per ogni paziente in più affidato a quell’infermiere si avrà un aumento del 3.4% della mortalità. Questi risultati sono simili a quanto già riscontrato con altri studi.
La soluzione…
La soluzione degli autori dello studio è qualcosa di noto ormai anche ai meno esperti. La sanità pubblica deve diventare priorità per il mondo politico. È necessario uno sforzo maggiore di quanto finora fatto. I dati comunque si riferiscono al 2015, e l’attuale situazione post-covid, ha solo inasprito un’emergenza che come noto esiste ormai da più di un decennio.
Il mondo delle istituzioni deve necessariamente eseguire uno sforzo maggiore per migliorare qualità e formazione e ridurre il carico lavorativo per gli infermieri italiani. Ulteriori studi sono inoltre necessari.
Bibliografia e Fonti:
1Gianluca Catania, Milko Zanini, Marzia A. Cremona, Paolo Landa, Maria Emma Musio, Roger Watson, Giuseppe Aleo, Linda H. Aiken, Loredana Sasso, Annamaria Bagnasco, Nurses’ intention to leave, nurse workload and in-hospital patient mortality in Italy: A descriptive and regression study., Health Policy, Volume 143, 2024, 105032, ISSN 0168-8510, https://doi.org/10.1016/j.healthpol.2024.105032. (https://www.sciencedirect.com/science/article/pii/S0168851024000423)
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Nel 2022 venne rinnovato il CCNL 2019-2021. Una stagione che aveva portato circa il 6% di aumenti: percentuale che a fatica compensò la galoppante inflazione.
Il rinnovo fu seguito da una promessa: quella di non perder tempo ed occuparsi della nuova stagione di contrattazione. Promessa che però difficilmente fu mantenuta.
Come stessimo vivendo un Déjà vu che guarda al 2021, iniziano le contrattazioni (prima data 20 Marzo 2024), con la speranza di concludere queste trattative prima che si riviva il paradosso di rinnovare un contratto già scaduto (cosa accaduta col precedente rinnovo).
Le fonti giornalistiche di categoria più accreditate, citano molte novità ed un contratto più attrattivo per i 581mila professionisti appartenenti al personale sanitario e socio-sanitario, dipendente del Ssn, degli Izf, degli Irccs, delle Rsa, delle ex Ipab e di altri enti sanitari.
Il rinnovo porterà novità sulla gestione delle ferie solidali, sulla gestione dell’accesso al servizio mensa e sulla maggiore flessibilità dei ritmi lavoro/vita privata. Soluzioni viste come possibilità per rendere più attrattivo il contratto offerto. Nel contratto però si presterà anche l’opportunità di inserire il nuovo profilo oss con formazione complementare, già disciplinato dall’Accordo Stato-Regioni del 16 gennaio 2003, insieme alla modifica del sistema formativo dei dipendenti.
Infine, bisogna parlare dei soldi in più che porteremo in tasca ogni mese: Secondo le stesse fonti, l’aumento medio sarà di circa 130 euro lorde, ovvero il 5,78% in più. Ricordiamo che l’inflazione del 2023 si è attestata intorno al 5,6% ma che nel 2022 l’inflazione ha raggiunto l’11,9%. Dunque allo stato di fatto, possiamo essere certi chel’aumento previsto non coprirà nemmeno minimamente la perdita del nostro potere di acquisto.
Nulla di fatto per gli infermieri in sanità pubblica dunque. Nemmeno questa sarà l’occasione giusta per il riscatto professionale che attendiamo da più fi trent’anni. Il futuro ci prospetta briciole e difficoltà e difficoltà economiche. Ben fatto invece agli operatori socio-sanitari che riescono a portare in contratto una crescita professionale di tutto rispetto.
Meno male che dovevamo rendere attrattivo questo contratto…
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